Martedì 24 giugno, alle ore 18, presso la Sala Misom di Fondazione UNIMI, incubatore dell’Università degli Studi di Milano che supporta la nascita e lo sviluppo di start-up innovative, si è tenuto il terzo appuntamento 2025 con il Comitato Scientifico PLEF. Relatore dell’incontro "I sistemi complessi umani imparano dalla vita. Evoluzione, resilienza, creatività", è stato Gianluca Bocchi, Professore Ordinario di Filosofia della Scienza all’Università di Bergamo e membro del Comitato scientifico PLEF.
Complessità e apprendimento nei sistemi viventi
Il punto di partenza dell’intervento è la constatazione che la vita, nel suo evolversi lungo miliardi di anni, non solo ha resistito a catastrofi e trasformazioni ambientali, ma ha sviluppato capacità straordinarie di apprendimento, adattamento e rigenerazione. Il vivente, ha ricordato Bocchi, è un sistema che apprende e che sperimenta continuamente: la sua evoluzione è caratterizzata da plasticità, ridondanza, biforcazioni e innovazioni inattese.
In tale contesto si inserisce il concetto chiave di exaptation – introdotto da Stephen J. Gould e Elisabeth Vrba – che descrive l’emergere di funzioni nuove da strutture preesistenti, evolutesi originariamente per altri scopi. Il celebre esempio del pollice del panda gigante, così come quello delle ali dei dinosauri antenati degli uccelli, o dei polmoni nei pesci polmonati, diventa il paradigma di una creatività evolutiva capace di esplorare il “possibile adiacente”, come lo definisce Stuart Kauffman.
Dalla biologia evolutiva alle scienze umane e tecnologiche
Il discorso ha successivamente ampliato il suo orizzonte, mostrando come questi modelli biologici abbiano ispirato riflessioni profonde anche nelle scienze umane, nella filosofia della tecnica e nella progettazione organizzativa. In particolare, Bocchi ha sottolineato come lo sviluppo della neocorteccia umana non possa essere spiegato solo in termini di adattamento funzionale: si tratterebbe piuttosto di un effetto emergente, non previsto, derivante da mutazioni genetiche non direttamente correlate alla cognizione, ma che hanno successivamente abilitato nuove forme di razionalità, linguaggio e pensiero simbolico.
Questo passaggio ha aperto alla discussione sul ruolo dell’epigenetica come nuova frontiera delle scienze del vivente, capace di spiegare come fattori ambientali, culturali e relazionali possano modulare l’espressione genetica in modi reversibili, ereditabili e soprattutto contestuali. L’epigenetica diventa così un ponte tra biologia e antropologia, offrendo una visione dinamica della trasmissione e trasformazione dei tratti biologici e culturali.
Complessità urbana e creatività sistemica
Il dialogo si è poi spostato sul terreno delle città e delle organizzazioni umane. Riuso, trasformazione, adattamento creativo degli spazi – come avviene nei quartieri ex-industriali di Berlino o nella High Line di New York – diventano metafore viventi dell’exaptation in ambito urbano. Le città, come i sistemi viventi, sono organismi complessi che apprendono, reinventano e rielaborano continuamente la propria struttura in risposta a pressioni esterne e interne.
In questo senso, l’evoluzione tecnologica stessa può essere letta come un fenomeno di composizione creativa: la maggior parte delle innovazioni, ha ricordato Bocchi, nasce dalla combinazione di elementi già esistenti, secondo una logica reticolare che porta alla creazione di nuove funzionalità e scenari. La vera innovazione, dunque, non è solo adattamento, ma riarticolazione creativa del possibile.
Il confronto: verso un’antropologia post-adattativa
Nel dibattito finale, è emersa l’importanza di superare una visione passiva dell’evoluzione e dell’agire umano, fondata solo su logiche di adattamento lineare. L’esistenza stessa di margini di ridondanza, inutili nel presente ma potenzialmente preziosi per il futuro, suggerisce la necessità di rivalutare il ruolo della diversità, del non funzionale, dell’imprevisto – non come scarto, ma come riserva strategica di possibilità.
La conversazione si è chiusa con una riflessione sulle sfide che attendono la nostra specie e le nostre società: in un tempo segnato da crisi multiple, l’apprendimento dal vivente ci insegna che la resilienza, da sola, non basta. Serve una creatività sistemica, che sappia generare nuove forme di convivenza, nuove strutture sociali e nuove economie, capaci di restare radicate nella logica della vita.
Il Comitato Scientifico di PLEF, in questo ciclo di incontri, si conferma un luogo di elaborazione concettuale e prospettica per leggere i fenomeni contemporanei con lenti complesse, capaci di integrare sapere scientifico, pensiero critico e sensibilità umanistica.
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